Carico mentale: la stanchezza che nessuno vede (ma che ti svuota ogni giorno)

Il carico mentale non lo vedi, ma si fa sentire.

Sta in quella lista mentale che aggiorni ogni tre minuti, mentre carichi la lavastoviglie, rispondi a un messaggio vocale della collega e pensi che forse sei di nuovo in ritardo per la visita dal pediatra.

Sta nel ricordarti tutto per tutti. Sempre. Anche quando nessuno te lo chiede.

Anche quando nessuno si accorge che ci sei.

È quella sensazione strana — che magari non riesci nemmeno a spiegare bene — di essere sempre piena di cose, ma vuota di te.

Non sei stanca “perché fai tanto”, sei stanca perché non ti fermi mai. Nemmeno quando ti fermi.

E intanto gli altri ti dicono: “Ma prenditi un po’ di tempo per te!”

Come se bastasse aprire una finestra su Google Calendar e scriverci “tempo per me” tra le 06:15 e le 06:30, mentre la moka sale e nessuno ti chiama.

Il carico mentale è così: non fa rumore, ma pesa.

E se provi a spiegarlo, ti senti pure in colpa.

Perché in fondo non stai salvando vite. Non stai facendo niente di eclatante.

Solo che dentro senti che qualcosa non torna. Che questa versione di te, sempre efficiente, sempre in controllo, si è dimenticata come si respira.

Ecco. Se ti ritrovi anche solo un po’ in tutto questo…allora sì, sei nel posto giusto. E no, non sei l’unica.

 

Non è solo stress: la vera differenza tra stanchezza e carico mentale

Hai presente quella stanchezza che non passa nemmeno dopo otto ore di sonno?

Quella che ti porti dietro anche in vacanza, anche quando stai “facendo niente”?

Quella che non si toglie con un bagno caldo, né con una camminata nel verde, né con un aperitivo tra amiche — perché il tuo cervello è rimasto a casa, ma ha continuato a pensare al menù della settimana, alla mail a cui non hai ancora risposto, alla cartella che tuo figlio doveva portare oggi.

Quella non è solo stanchezza.

Quello è carico mentale.

Lo stress ha un picco, un motivo chiaro, un inizio e (si spera) una fine.

Il carico mentale, invece, è subdolo.

Non ha un momento preciso in cui si attiva, perché è sempre lì. Come un sottofondo, una musichetta fastidiosa che non si spegne mai.

Non ti manda ko di colpo, ti logora piano. E spesso ti fa sentire pure un po’ matta, perché fuori sembra tutto normale. Ma dentro… è tutto troppo.

E no, non è la stessa cosa per tutti.

Perché — anche se fa ancora paura dirlo — questo peso ce l’hanno soprattutto le donne.

Per abitudine, per cultura, per addestramento.

Perché si dà per scontato che “tu ci pensi”, “tu lo sai”, “tu te ne accorgi prima”.

E lo fai davvero. Ma a che prezzo?

Capire questa differenza è fondamentale.

Perché finché lo chiami solo stress, pensi che basti respirare più a fondo o dormire una notte in più.

Invece serve qualcosa di più profondo: serve riconoscere quel carico, vederlo per quello che è… e smettere di portarlo da sola.

Quando è tutto sulle tue spalle: il peso invisibile che ti prosciuga

È vero che non si vede, ma si sente tutto.

Il carico mentale è quel peso che porti anche quando sembri ferma.

Non hai fatto nemmeno dieci passi, eppure ti senti come se avessi corso una maratona — senza medaglia, senza applausi, senza ristoro.

È quando entri in una stanza e noti al volo che manca il detersivo, che il telecomando è sparito, che c’è da lavare i grembiuli per domani.

E intanto stai ancora rispondendo mentalmente alla domanda: “Che faccio per cena?”

(Spoiler: nessuno la farà al posto tuo.)

È quando in famiglia tutti sembrano avere il manuale delle istruzioni pronto per essere aiutati, ma nessuno ha mai pensato che servirebbe anche a te, un aiuto.

Anzi, magari ogni tanto qualcuno ti dice: “Ma dimmelo, se hai bisogno”.

E tu vorresti urlare: “Ma davvero devo anche organizzare la distribuzione degli aiuti?”

Quello che prosciuga non è solo fare tanto.

È pensare tutto.

Ricordare compleanni, dentisti, consegne, preferenze alimentari, scadenze scolastiche, password di tutti.

È essere la regista silenziosa della vita familiare. Quella che tiene tutto insieme, ma raramente si vede.

E mentre fuori sembri precisa, efficiente, affidabile…

dentro ti senti sfibrata.

Ti sembra di non avere mai tempo, mai spazio, mai tregua.

Il paradosso?

Spesso nessuno ti ha chiesto di fare tutto.

Ma ti sei talmente abituata a farlo — e a farlo bene — che mollare un pezzetto ti sembra di fallire.

Invece no.

Mollare un pezzetto è l’inizio del cambiamento.

È smettere di confondere l’amore con l’onnipotenza.

È riconoscere che anche tu hai bisogno. E hai il diritto di esserci, intera — non solo funzionale.

Ridurre il carico mentale è possibile

Smetti di ripeterti che devi solo organizzarti meglio

Quante volte te lo sei detta? “Devo solo organizzarmi meglio”.

Come se il problema fosse la tua agenda, e non il fatto che dentro quella agenda non c’è spazio per te.

Hai provato le to-do list colorate, i planner settimanali, le app che ti mandano notifiche gentili.

Hai persino messo post-it motivazionali sul frigorifero, tipo “respira” o “anche oggi ce la faccio”.

Eppure ogni giorno finisce nello stesso modo: stanca, satura, con la sensazione di non aver fatto abbastanza — o, peggio ancora, di non esserti nemmeno sfiorata.

La verità è che non puoi risolvere il carico mentale aggiungendo altri compiti alla lista.

Il punto non è fare meglio.

È fare meno. Diversamente. Con altri criteri.

Ridurre il carico mentale non significa diventare una persona disorganizzata o menefreghista.

Significa iniziare a domandarti cosa puoi lasciar andare, cosa puoi delegare, cosa non è davvero necessario.

Significa smettere di pensare che valga più chi si sacrifica di più.

A volte basta un gesto minuscolo per spezzare il ritmo: dire “no” senza giustificarti, saltare una cena per restare in silenzio sul divano, scegliere di fare una sola cosa per volta, senza il senso di colpa che bussa ogni tre minuti.

Perché non si tratta solo di tempo.

Si tratta di energia. Di presenza. Di identità.

E tu non sei solo la somma di ciò che riesci a incastrare nella giornata.

Sei molto di più. E forse è il momento di cominciare a trattarti come tale.

E tu dove sei? Ritrovare il tuo spazio, prima che sia troppo tardi

Quante volte ti metti in agenda “tempo per me” tra le 19:15 e le 19:43? Magari una lezione di yoga. O una passeggiata veloce o dieci minuti di journaling nella pausa pranzo, tra un’email, l’insalata e tre telefonate da fare.

Peccato che mentre sei a yoga in posizione dell’albero stai già pensando a cosa cucinare per cena, a quel documento che non hai finito, e a chi hai dimenticato di richiamare.

Questo, tecnicamente, non è tempo per te.

È multitasking travestito da benessere.

È l’ennesima cosa da fare… solo con addosso i leggings.

Il punto è che se non ci sei davvero, non serve a niente metterti in calendario.

Ma come si fa a esserci? A ritrovare lo spazio per sé, dentro giornate che sembrano già strette così?

Si comincia con una cosa semplice: tornare a sentirti autorizzata.

A non fare tutto.

A non rispondere subito.

A non essere sempre quella che sistema, risolve, organizza, coordina, e si occupa anche delle piante quando tutti partono.

Serve che tu torni visibile, almeno ai tuoi occhi.

Non la versione efficiente, brillante, quella che ce la fa sempre.

Tu, quella vera. Quella che a volte ha solo bisogno di sedersi e basta.

 

E per iniziare, ti faccio una domanda semplice:

Se potessi delegare anche solo una cosa, una piccola, oggi… quale sarebbe? Scrivimela nei commenti.

Magari non cambierà tutto, ma è un primo passo per ricordarti che esisti anche tu. Non solo quello che fai.

 

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Sara Ronzoni

Sono Sara Ronzoni, generatrice di Passioni. Ti aiuto a scoprire quali sono le cose che ami davvero fare e a trovare anche il tempo per coltivarle.
4 Comments
  • Silvia
    Rispondi

    A questo proposito ho letto un libro interessante: A Real Self-Care. A Trasformative Program For Redefining Wellness, di Poola Lakshmin. In estrema sintesi diceva che molte delle cose che facciamo “per prenderci cura di noi stesse”, dal bagno profumato, alla seduta dall’estetista ecc. non sono altro che ulteriori doveri; il vero modo per alleggerirsi é fare di meno, imparare a delegare e non rincorrere un ideale di perfezione

    Giugno 13, 2025at08:09
  • serena
    Rispondi

    come mi risuonano le tue parole! delegherei l’organizzazione dell’estate perchè mi sta prosciugando il pensiero costante e sotterraneo di come poter incastrare tutto in modo che siano tutti soddisfatti e gli spostamenti ottimizzati per risparmiare i costi

    Giugno 20, 2025at14:59

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